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9. Tolomei e l'Accademia della Virtù

 

All'inizio degli anni quaranta del Cinquecento lo studio di Vitruvio diviene l'attività principale dell'Accademia della Virtù, che si riunisce a Roma nell'abitazione dell'umanista senese Claudio Tolomei [FN 1]. Il Tolomei, promotore di questi studie, era vissuto nella Roma di Leone X e arriva, al parti del Trissino, ad interessarsi di teoria dell'architettura dopo aver autorevolmente preso parte, per due decenni, alla discussione sulla "questione della lingua", nella quale si era opposto con empirismo e buonsenso alle posizioni puriste, usando argomenti che anticipano le conoscenze linguistiche dell'Ottocento e denotano un grande acume storico [FN 2].

Dell'architettura, in particolare di quella antica, il dotto senese aveva un concetto molto elevato: la sua utilità per la vita umana, la grandezza e la monumentalità di tanti edifici e la "varietà di ordini" lo inducevano a supporre che essa fossa nata da ispirazione divina, o almeno da uomini divini, e qualsiasi frammento di architettura antica, per rovianato che fosse, gli appariva superiore all'insieme dei migliori edifici di Roma contemporanea [FN 3]. Per cercare "dove di quegli antichi maravigliosi edifizi ci fosse ancora avanzata reliquia alcuna" esplorava a cavallo i dintorni di Tivoli, sulle orme del Bembo e del Sanzio, e pregava gli amici che viaggiavano in regioni lontane di raccogliere notizie su edifici romani [FN 4]. Attribuiva grande volare, di conseguenza, agli scritti sull'architettura ed in specie, per la sua rarità, al trattato di Vitruvio, a suo parere fino ad allora "poco accetto e poco inteso" [FN 5]. Anche dopo aver interrotto gli studi vitruviani, Tolomei con-

[S. 68]

 

 

[1] Sul Tolomei cfr. p. 57, nota 12; inoltre: Vasari (Le vita, a cura di Milanesi, p. 271), che lo dice amico di Michelangelo; Poleni, Exercitationes Vitruvianae cit., I, pp. 45-52; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, 4 vol., Milano 1833, IV, pp. 216-218. Sull'Accademia della Virtù e le ricerche vitruviane che vi si svolgono all'inizio degli anni '40: Poleni, Exercitationes Vitruvianae cit., I, pp. 52-54; Tiraboschi, Letteratura italiana cit. III, pp. 361-62; L. Olschky, Geschichte der neusprachlichen wissenschaftlichen Literatur, II, Leipzig 1922, pp. 187 sgg.; M. Sterzi, Studi sulla vita e sulle opere di Annibal Caro, in: "Atti della R. Deputazione di Storia Patria per le province delle Marche", serie III, v (1908), pp. 90-97; Sbaragli, Tolomei cit. pp. 70-77; L. Olivato, G. Alessi e la trattatistica architettonica del Rinascimento, in Atti del convegno cit. pp. 134, 135, 138-40; Barocchi, Scritti d'arte cit. III; Thoenes, Vignolas Regola cit. p. 358; M. Tafuri, L'architettura del Manierismo nel Cinquecento europeo, Roma 1966; id., L'architettura dell'Umanesimo, Bari 1969, p. 355.

[2] Cfr. p. 57, nota 12, ed in particolare Tolomei, Il Cesano cit. pp. 77-89.

[3] Bottari, Raccolta di lettere cit. pp. 97-100. Lettera s.d. di Claudio Tolomei a Giovan Antonio Rusconi.

[4] Tolomei, Lettere cit., ff. 81-95. Lettera da San Silvestro, 2 ottobre 1542 ad Antonfrancesco da Trievi sulla gita a Tivoli. Il 23 magio 1547 da Piacenza chiede a Marcantonio Prodente: "se trovate qualche cosa bella in Ispagna degna di contemplazione di nobil architettura, fate di grazia M. Marcantonio che l'avvertiate e segnate, perché so ben, che que' generosi spiriti Romani lassarono in cotesta Hiberia chiarissimi segni di la lor maravigliosa virtú."

[5] Bottari, Raccolta di lettere cit. V, pp. 97-100. Lettera a Giovan Antonio Rusconi: "Non mancano di gloria quelli che raccogliendo quanto da piú periti si trovava scritto ne fecero ampli volumi, il poco numero de quali fa che ci siano piú cari. Perché di tanti citati da Vitruvio altro non si trova d'antico che l'opera di [Forts. S. 68] quelli all'età passate poco gradita dirò o poco intesa poiché non s'è trovato alcune che s'abbia pigliato cura di tradurly nella nostra lingua italiana perché molti che non leggono latinamente se ne potessero servire. E questo è stato promesso da molti ma niuno v'ha posto mano ch'io sappia se non voi il quale ora con tanta diligenza e studio vi siete posto ad accomodare gli architetti che potranno per l'avvenire pigliare certissimi precetti dal padre dell'architettura."