Direkt zum Inhalt | Direkt zur Navigation

Benutzerspezifische Werkzeuge

Sektionen

Sie sind hier: Startseite / Bibliography / Pagliara 1986 / 68

68

[Forts. von S. 67]

[con-] tinuerà ad auspicare che una nuova traduzione italiana aiutasse gli architetti che non leggevano latino "a pigliare certissimi precetti dal padre dell'architettura" [FN 6]. Questi precetti erano da lui seguiti anche nella vita di ogni giorno, tanto che scrive ad un amico: "sol vi dico che non parliate della faccenda della casa, perché mi son risoluto di non l'abitare s'ella bene mi fosse donata, tanto la trovo malsana e pestifera. Ella è contro tute le regole di Vitruvio onde io gli do' la maledizione" [FN 7]. Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da quest'asserzione, si vedrà però che Tolomei non tendeva ad interpretare il trattato in modo dogmatico.

Nel programma di lavoro stabilito dall'Accademia, scritto in forma di epistola e, sembra, stampato nel 1542, ritroviamo, affinati, procedimenti in uso nei primi decenni del secolo in diversi settori degli studi vitruviani e delle ricerche antiquarie, unificati con la stessa razionalità che si tenta di conferire ad un sistema di ordini architettonici regolato da leggi ben definite [FN. 8.] Già nel lavoro sul testo si sarebbe superata l'edizione di fra Giocondo, preparando un commento ai luoghi piú difficili ed una raccolta ragionata delle varianti notevoli, per arrivare ad un'edizione secondo le varianti approvate; si sarebbe poi tentato di affiancare all'originale un testo riscritto in un latino piú comprensibile [FN 9]. Allo studio del trattato si intreccia un ampio programma di studi sull'architettura antica e le arte connesse che riprende e supera, per complessità e chiarezza d'impostazione, il progetto

[S. 69]

 

 

[6] Cfr. nota 5. La lettera riprodotta da Bottari senza data deve risalire all'inizio degli anni '50. A quel tempo, oltre alle traduzioni allore inedite pervenuteci – parziali o quasi integrali – di artisti (Ghiberti, F. di Giorgio, G. B. da Sangallo), a quella di ignoto del XV secolo conservata a Madrid ed a quelle di Fabio Calvo e dell' Ottob Lat. 1653, esistevano già le traduzioni di Cesariano; quelle, derivate, di Durantino (M. L. Vitruvio Pollione de architectura traducto di latino in vulgare dal vero exemplare con le figure a li soi loci con mirando ordine insignit, in Venetia MDXXIIII), nonché quella, parziale, di G. B. Caporali (Architettura con il so commento et figure, Vetruvio in volgar linguo raportato par M. Gianbatista Caporali di Perugia, Perugia MDXXXVI).

[7] Tolomei, Lettere cit. f. 164r. Lettera del 9 maggio 1545 da Roma a M. Adriano Vivenzio citata da Olivato in Galeazzo Alessi e la Trattatistica cit. pp. 134 e 139.

[8] Il 23 gennaio 1542 Tolomei scrive da Roma ad Agostina Landi a Piacenza (Ronchini, Lettere cit., I, p. 535): "Essendosi dunque di nuovo messo su uno studio bellissimo d'Architettura in questa corte, sí come V.S. potrà vedere per l'ordine d'esso ch'io le mando stampato, et essendo io stato ricevuto nel numero di cosí Honorata compagnia, mi è parso doverne far parte a V.S.". Nella lettera in data 14 novembre 1542 pubblicata nella raccolta (Tolomei, Lettere cit., ff. 81r-85r) e piú volte ristampata (Barocchi, Scritti d'arte cit., pp. 3037-46 con commento e bibliografia), Tolomei premette all'esposizione del programma di studi vitruviani: "Dunque havendo già disteso tutto l'ordine di questo nuovo studio d'architettura ve lo mando come disiderate, e chiedete". Sembra quindi che l'"ordine … stampato" menzionato nella lettera del 23 gennaio '42 (ma del '43 se Tolomei segue le stile fiorentino) sia proprio l'"ordine" coincidente col programma esposto nella lettera del 14 novembre '42 e pubblicata nella raccolta el '47. Poleni, Exercitationes Vitruvianae cit., I, p. 45, considera la lettera al Landi scritta tanto diligentemente "ut ea epistula libri sit".

[9] Tolomei, Lettere cit., ff. 81v-82r.