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71

[Forts. von S. 70]:

debbian formare, li quali ordini saranno in questa opera dichiarati appresso di ciascuna modanatura [FN 19].

Il programma contemplava la preparazione di diciasette [= 17, B.K.] opere, che secondo Tolomei potevano essere terminate in meno di tre anni grazie alla collaborazione di molti dotti già impegnati nell'impresa.

Kommentar: Es wird nicht deutlich, wie Pagliara gerad auf 17 Bände/Werke kommt (im Unterschied zu Daly Davis, die 20 zählt).

Per la stampa sarebbe stato indispensabile l'aiuto di un mecenate ed i ripetuti riferimenti dell'epistola ad Alessandro Magno fanno supporre che si facesse affidamento sul cardinale Alessandro Farense, al quale molti degli accademici erano legati [FN 20]. Le attese però non dovettero essere soddisfatte se iil Tolomei, alla fine del 1543, inviò il programma a Francesco I, senza tuttavia conseguire risultati piú utili per l'esito dell'iniziativa [FN 21].

Mancato il sostegno dei principi, agli studiosi riuniti intorno al Tolomei non restò che completare con le proprie forze il programma minimu: una lettura collettiva del De architettura attraverso la quale prendere dimestichezza col testo prima di proseguire le ricerche [FN 22]. La formula richiama le lezioni sul trattato tenute da fra Giocondo a Parigi all'inizio del secolo ed anche le letture vitruviane che Michelangelo, Giovan Francesco da Sangallo, Pietro Vettori ed altri letterati e cultori di discipline scientifiche avevano intrapreso a Firenze intorno al 1520 [FN 23].

La collaborazione di studiosi che possedevano lingue e scienze diverse doveva aiutare a superare gli ostacoli di vario genere che si presentavano nell'interpretazione di un testo poco comprensibile sia, per gli argomenti tecnici, dai letterati, sia, per la lingua, dagli architetti che non conoscessero il latino. Partecipavano alle riunioni, tra gli altri, letterati come Molza, Marcello Cervini ed il senese Luca Contile, o studioso bolognese di architettura Alessandro Manzuoli, ricordato dal Serlio, l'umanista francese Guillaume Philandrier (chiamato Filandro dai trattatisti italiani del XVI se-

[Forts. auf S. 72]

 

[19] Ibid., f. 85v.

[20] (zit. den Schluss des Briefes f. 84v.)]

[21] Ibid., f. 5r. Da Roma, 3 dicembre 1534: "Ne anco vi porga meraviglia, che vi si mando hora il disegno de l'opere non fatte ancora … perché volendo questi huomini dotti, nuovamente volti a cosí grande impresa, con maggior prontezza seguir questa incominciata fatica, non han trovato miglior mezzo che 'l saper pienamente ch'ella v'aggradieche vi piacci".

[22] Ibid., ff. 84v-85r: "Ma se pur la virtù di costoro sarà abbandonata da la fortuna de Principi (il che non fia ne nuovo, ne maraviglioso) non si mancarà perciò, che quel poco che da costor si può fare, non si faccia. Essi leggeranno, rivedrano, avvertiranno, le cose di Vitruvio.

[23] Cfr. p. 6, nota 5, e p. 34, nota 14.